La composizione stessa del territorio, per lo più montuoso, ha reso da sempre la regione dipendente, da una parte dalle terre agricole della Puglia, dall’altra dall’attrazione della grande metropoli napoletana.
Così, da tempo immemorabile, i contadini e gli artigiani della Basilicata si mettevano in cammino sui sentieri della migrazione, andando a cercare impiego e miglior fortuna nelle aree più ricche della loro. Una migrazione spesso stagionale o temporanea, con la prospettiva di rientrare a casa con un piccolo gruzzolo per comprare una casa, un campo, sposarsi o più modestamente, sbarcare il lunario.
Con l’Ottocento, i percorsi cambiano. Nuove figure si aggiungono all’emigrazione, come i musicisti di Viggiano, che si non fermano solo a Napoli, ma vanno molto oltre, inserendosi in un circuito internazionale che li porterà prima nelle grandi capitali europee e da lì, come artisti di strada, a passare il mare per raggiungere le Americhe.
I musicisti sono l’avanguardia di un esercito che si metterà in movimento a partire dal 1861, all’Unità d’Italia. All’inizio è un piccolo flusso: alcune centinaia di persone l’anno, qualche migliaio.
A partire dal 1885, l’espatrio diventa massiccio, superando le 10.000 persone l’anno, per arrivare ai suoi massimi negli anni tra il 1901 e il 1913, fino al picco di 18.098 persone nel 1906.
Francesco Saverio Nitti scriverà, in quegli anni, che “i contadini lucani avevano avuto due sole possibilità: o emigranti o briganti”. E’ il periodo definito della “Grande Emigrazione”.
La prima guerra mondiale interromperà il flusso che riprenderà, in parte nel dopoguerra, ma in tono minore. Dopo il secondo conflitto mondiale, una nuova ondata migratoria partirà dalla Basilicata: le destinazioni, tuttavia, saranno diverse: dalle miniere di Belgio, Francia e Germania, alle fattorie dell’Australia.
Negli anni Sessanta l’emigrazione non solo non rallenta, ma aumenta, a causa del differenziale economico tra un’Italia settentrionale in piena crescita e una regione, la Basilicata, sempre in affanno.
Solo con gli anni ’80, l’emigrazione diminuisce.
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