Il passaporto e la preparazione del viaggio

All’atto dell’Unità nazionale (1861), le condizioni delle regioni rispetto all’emigrazione erano molto diverse. Nel settentrione, aree come la Liguria, il Veneto, la Lombardia, il Piemonte e la Toscana, avevano per decenni subito un fenomeno migratorio diretto in direzioni diverse, ma soprattutto oltreoceano.

Nel meridione, al contrario, prima dell’Unità, l’emigrazione era stato un movimento circoscritto, ridotto a gruppi facilmente identificabili, come i “musicisti di Viggiano”. Ma dopo il 1861, mentre le terre già parte del Regno Borbonico venivano inserite nel contesto della nuova nazione, l’espatrio crebbe esponenzialmente, fino a diventare un vero esodo di massa.

Negli anni successivi all’Unità, l’atteggiamento dello stato sabaudo fu fortemente anti-emigratorio: gli interessi industriali del Nord e quelli dei latifondisti del Sud, si saldarono nel richiedere una manodopera numerosa e a basso costo. Solo nel 1888, con la Legge Crispi n. 5866, il governo prese atto della necessità di lasciare l’emigrazione come una “valvola di sfogo” per le condizioni intollerabili in cui erano costretti i ceti proletari del Mezzogiorno.

Ma la Legge Crispi era ancora una legge “repressiva”: imponeva restrizioni ai giovani maschi - per via dell’obbligo di leva - e soprattutto lasciava ampio margine discrezionale ai vettori d’emigrazione, cioè le compagnie marittime e i loro agenti sul territorio che erano i veri controllori e organizzatori del traffico.

Solo con la Legge n. 23 del 1901 veniva promulgato un provvedimento che riconosceva il diritto all’emigrazione agli individui, proponeva tutele e non solo controlli e limitava gli arbitri di compagnie e agenti d’emigrazione.

Il primo passo per l’emigrazione consisteva nella richiesta del passaporto alle autorità locali e concesso dalla Prefettura. E proprio presso la Prefettura di Potenza, molti dovevano recarsi per ritirare il passaporto, soprattutto se il comune di residenza o l’agente di emigrazione non erano stati in grado di ottenere il documento.

Nel 1919, venne emanato il Testo Unico sull’Emigrazione, che intendeva disciplinare il fenomeno a seguito della crisi evidenziata dalla prima guerra mondiale. Tra le diverse norme, veniva introdotto il “passaporto rosso” che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto garantire gli emigranti ma, nella realtà, fu sia un marchio di palese povertà, sia un iniquo balzello su coloro che intendevano andare all’estero.

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